L’intelligenza collettiva, gli strumenti

L’intelligenza connettiva
Una riflessione sul concetto di Derrick de Kerckhove e sui limiti degli strumenti per l’interazione

Quanto affermato da De Keckhove, in merito all’intelligenza connettiva, è senza dubbio una tesi interessantissima. Intanto distinguiamo l’intelligenza collettiva osservata da Pierre Levy, poi ci soffermiamo sull’istantaneità dello scambio delle informazioni e della loro perdita di personificazione. Qui mi vorrei soffermare, prima di proseguire sulla questione della connettività, facendo una critica verso la proprietà intellettuale. Non possiamo tutelare la personificazione dell’informazione poiché questa, vista la digitalizzazione della stessa, è contemporaneamente disponibile. D’altronde sarebbe come se, in un dialogo tra amici, di volta in volta si chiedessero le royalties per l’utilizzo di un pensiero, definito da un membro del gruppo, per il concepimento di un idea, di un pensiero o regola utile. Pertanto, vista l’istantaneità dello scambio di sapere, dati, arte in digitale è praticamente inutile sprecare risorse per la loro tutela.

Secondo Levy l’intelligenza è una questione di numero e non di singolarità. La formica presa da sola è insignificante per la propria sopravvivenza mentre, nell’intrecciato sistema del formicaio essa ha certamente senso di esistere. Lo stesso vale per l’uomo primitivo dove, l’insieme dei membri del villaggio, riesce a pianificare e ad autoregolamentarsi. Questo è un sistema di intelligenza collettiva, dove ogni membro, attraverso lo scambio di informazioni, provvede all’arricchimento del pensiero sociale e al suo sviluppo. Col passare dei secoli l’uomo ha iniziato ad utilizzare la scrittura come strumento di archivio di conseguenza allo scambio di conoscenza per via verbale. Non molto dopo, con l’utilizzo degli strumenti meccanici per la stampa, la diffusione in larga scala della conoscenza è sempre più divenuta una proiezione personale di sapere con un evidenti ripercussioni di tipo politico. Appunto il concetto di informazione, mediata dalla carta stampata, nel passaggio cruciale nella rivoluzione industriale e nei due passaggi bellici del XX secolo. In questa fase lo scambio di informazione sminuisce il concetto di intelligenza collettiva visto l’evidente utilizzo dell’informazione come proiezione di una visione di pochi verso le masse con conseguente scarsa interazione. Strumenti eccezionali come la radio e, di conseguenza il telefono, produrranno effetti significativi di intelligenza collettiva fino ad oggi.

Abbandonando gli strumenti elettrici, parlo del telefono e della radio, che hanno permesso di avvicinare i popoli, osserviamo una quasi istantaneità dell’interazione sociale che non si distacca di molto dai principi d’intelligenza collettiva dell’antichità. Il passaggio all’intelligenza connettiva è decisamente legato all’istantaneità dello scambio dell’informazione che avviene in tempo reale. Siamo appunto nell’era digitale se così possiamo definirla. L’aspetto soggettivo perde importanza e l’informazione, l’intuizione in taluni casi, diventa ad uso e consumo della collettività. Perde del tutto senso l’importanza di abbinare la visione della realtà ad un singolo soggetto e, sempre più la proiezione della realtà risulterà rappresentativa di masse più ampie, delocalizzate e con radici culturali diverse. Il linguaggio sarà sempre più contestualizzato al mezzo di comunicazione, ovvero al software utilizzato: ci esprimeremo con facebook in modo diverso che con twitter.

Aggiungo che l’intelligenza connettiva troverà il suo limite non nel mezzo fisico (rete dati, computer, tablet, telefono), ma nel software utilizzato che, sempre più vincolerà il soggetto alle sole scelte disponibili. Sarà quindi l’indisponibilità di un software indipendente a denaturare quella che è l’essenza dell’intelligenza connettiva. Da qui vorrei proiettarmi su una teoria interessante che è racchiusa nel pensiero di James Surowiecki che, seppur rispecchia le correnti del suo tempo, parla di saggezza della folla.

“Deve essere possibile riassumere in un unico pensiero la moltitudine di pensieri delle persone che fanno parte della folla. La folla è molto più intelligente della persona più intelligente che ne fa parte”

Sebbene ci siano alcuni esperimenti che dimostrerebbero questa teoria, essa non trova appoggio nei recenti studi sulla persuasione e sull’influenza nei gruppi sociali.

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